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Contratto audiovisivo, verso la ripresa del tavolo


Il comparto dell’audiovisivo, in Italia, muove ricavi attorno ai 10 miliardi di euro all’anno in serialità tv, cinema, intrattenimento e documentari, con oltre 100 mila addetti contrattualizzati e un indotto molto importante. Curioso che in un settore così dinamico, che durante gli anni 2000 ha subito la rivoluzione digitale, i grandi cambiamenti nelle modalità espressive, che è senza problemi occupazionali e con un business in costante crescita, il contratto collettivo nazionale non sia rinnovato da oltre dieci anni. E, come spiega a ItaliaOggi Giancarlo Leone, presidente della APT – Associazione Produttori Televisivi, “dopo una fase di forte tensione, che tra novembre e dicembre 2018 ha portato a tre giorni di sciopero da parte dei sindacati confederali, è stato aperto ora un tavolo, al quale io sono presente direttamente, insieme con Anica e altri soggetti. E, dopo due incontri, adesso i tecnici hanno avviato le simulazioni dei risultati delle proposte sindacali e delle controproposte nostre. Nel prossimo mese di marzo si riaprirà la discussione per rinnovare il contratto, cercando criteri nuovi per un mondo della produzione che nel frattempo è molto cambiato”. Il boom delle offerte di video in streaming on demand e le nuove regole che impongono la distribuzione di maggiori contenuti italiani ed europei stanno tenendo alta la domanda di prodotti audiovisivi, senza particolari problemi occupazionali. E, nonostante uno storytelling favorevole alla centralità di Milano rispetto a Roma, “devo dire che non c’è una tendenza a spostare le produzioni da Roma a Milano, né sono al corrente di crisi delle maestranze milanesi per una fase di stanca della produzione pubblicitaria. C’è invece”, sottolinea Leone, “una tendenza, che va avanti già da qualche anno, a parcellizzare le produzioni sul territorio italiano, in base alle strategie delle varie Film Commission Lazio, Puglia, Lombardia o Valle d’Aosta. Più che Roma o Milano, quindi, assistiamo a una frammentazione su tutto il territorio. Ogni produttore sfrutta le opportunità industriali e di finanziamento che offre il mercato, non c’è una cabina di regia che indirizza il comparto, e credo sia anche giusto così. Tutto avviene sull’onda di scelte industriali legate a singole produzioni. Attiene, quindi, alle capacità di attrazione dei singoli territori. Insomma, è una questione di mercato”.

Fonte: ItaliaOggi



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